Biografia
Non basta parlare della malattia per raccontare di Sammy Basso. Ma da qui dobbiamo partire.
La progeria causa l’invecchiamento precoce del corpo, ma non della testa, che rimane il corretto indice della età della persona.
Quando a due anni – Sammy Basso nasce a Schio il 1° dicembre 1995 – gli viene diagnosticata la progeria, nessuno sapeva bene cosa fosse perché si tratta di una patologia genetica davvero rara. Ma questo non ha scoraggiato la famiglia di Sammy, la mamma Laura e il papà Amerigo.
Si informano, studiano, incontrano medici e scienziati e qui cresce la consapevolezza che di strada da fare ce n’è parecchia.
Nel frattempo Sammy cresce e affronta (anche) le varie sfide dell’età, la scuola, il liceo.
Dopo la maturità, corona il suo sogno: Sammy percorre la famosa Route 66 tra Chicago e Los Angeles e da questa esperienza di viaggio alla scoperta degli USA nasce Il viaggio di Sammy, un diario di viaggio e di documentazione (qui ci ricorda qualcuno…), e alcuni emozionanti episodi televisivi per Nat Geo People (Sky) incentrati sugli incontri fatti durante il viaggio: predicatori, capi indiani, amish e persino il papà dei Simpson, Matt Groening.
Poi Sammy va all’università, a Padova, dove si laurea in Scienze Naturali alla triennale e in biologia molecolare alla magistrale. In parallelo, nel 2005 la famiglia dà vita alla “Associazione Italiana Progeria Sammy Basso APS ONLUS” con lo scopo di aiutare le famiglie, raccogliere fondi per la ricerca e far conoscere la malattia.
Una parola sulla ricerca: Sammy mette il suo corpo e la sua malattia a disposizione della scienza che finalmente, a partire dal 2006, compie il primo studio clinico su 28 casi di progeria, tra cui Sammy, e comincia a mettere a punto un farmaco forse in grado di rallentare la malattia.
Sammy è di fatto l’anello che unisce la ricerca italiana a quella statunitense e con le sue iniziative sostiene efficacemente entrambe.
Per questo è stato nominato PRF (Progeria Research Foundation) International Ambassador con lo scopo di far conoscere al mondo questa malattia.
Le sfide continuano e Sammy affronta col sorriso ancora tante prove.
Ci piace Sammy per il suo coraggio, per la sua intraprendenza, per l’aver scelto come stella polare la ricerca e farne parte, e per agire con grande consapevolezza e generosità verso il mondo.
Sammy ha anche un nome navajo, ”Chaànaàgahiì”, che significa “Uomo che ha ancora tanta strada da fare” e noi di strada gliene auguriamo davvero tanta, fieri che oggi sia un ambasciatore #Pigafettasonoio!